Una buona battaglia

È grande la risonanza che ha avuto, nelle ultime ore, il testo del nuovo decreto legge diffuso dal Consiglio dei Ministri, in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, recante disposizioni in materia di misure per fronteggiare la corrente pandemia. La stampa lo ha già ribattezzato “decreto super green pass” e, difatti, tutti i media si sono attivati per spiegare quali cambiamenti interesseranno la certificazione verde.

Molto poco, quasi nulla, si è detto di come il nuovo D.L. inciderà sulle professioni sanitarie e sugli adempimenti che le riguardano.

Posto che l’obbligo vaccinale previsto per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 è stato esteso, per tutti gli esercenti le professioni sanitarie, alla somministrazione della dose di richiamo (booster) successiva al ciclo vaccinale primario, non saranno più le aziende sanitarie a dover verificare il possesso delle certificazioni verdi comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione da parte dei sanitari, bensì le Federazioni nazionali, che agiranno come tramite degli Ordini professionali.

Infatti, la nuova formulazione dell’art. 4 del DL 44/2021 convertito con L. n. 76/2021, pone a carico delle Federazioni, che saranno responsabili anche ai fini del trattamento dei dati personali, il compito di effettuare immediatamente la verifica detta, avvalendosi della piattaforma nazionale digital green certificate

Quindi, i sanitari sprovvisti di certificazione comprovante il completamento del ciclo vaccinale, opportunamente segnalati dalle Federazioni agli Ordini provinciali, verranno da questi ultimi invitati a produrre, entro 5 giorni, la documentazione idonea a sostenere una di queste tre condizioni: il completamento del ciclo vaccinale (compresa la dose booster), l’esenzione o il differimento dell’obbligo vaccinale in caso di pericolo accertato per la propria salute ed attestato dal medico di medicina generale, o la richiesta di vaccinazione da effettuarsi entro 20 giorni dall’invito. In ogni caso, il legislatore lascia aperta la possibilità di far comunque valere l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.

Decorso inutilmente il termine di 5 giorni, l’Ordine comunicherà alla Federazione nazionale il mancato adempimento di tale obbligo, provvedendo a deliberare la sospensione dall’albo, dei sanitari inadempienti, che dovrà essere annotata nell’albo unico nazionale.

Si tratta di una sospensione avente natura dichiarativa e non disciplinare. Pertanto, diventa lecita l’annotazione del provvedimento ai sensi dell’art. 4 del DL 44/21 conv. con L. n. 78/2021. Conseguentemente, non sarà efficace solo limitatamente alle mansioni o prestazioni che implicano un rischio di contagio, ma riguarderà l’esercizio della professione tout court, tanto che la regolarità dello stato vaccinale diventa anche uno dei requisiti per potersi iscrivere all’albo di una professione sanitaria.

Cos’è cambiato dunque? Perché sembra fuori luogo l’esultanza di quanti trovano in questo nuovo decreto la conferma di una “linea dura” già tracciata?

La vera, inconfutabile novità risiede nell’intervento del legislatore, che ha sancito, in ossequio alla costante giurisprudenza, l’illegittimità del ricorso allo strumento delle circolari ministeriali per forzare la legge, attraverso disposizioni a carattere normativo.

Tanto è vero, che le regole del nuovo decreto non hanno efficacia retroattiva, a sottolineare che chi si è rifiutato, sin qui, di comminare sospensioni dall’albo o si è adoperato per annullare quelle ingiustamente deliberate, ha agito correttamente, sulla base delle disposizioni vigenti fino all’entrata in vigore della nuova formulazione del tanto discusso articolo 4 del DL 44/2021.

Sono stati mesi di dibattito talvolta feroce, in cui i toni si sono spesso inaspriti, in cui qualcuno direbbe che sono anche “volati gli stracci”, tra chi da un lato sosteneva l’applicazione di circolari ministeriali che soddisfavano un criterio di severità nei confronti dei sanitari che rifiutano il vaccino anti-Covid 19, e chi ha scelto di battersi per la legalità, pretendendo dal legislatore la responsabilità delle regole da applicare, senza entrare nel merito di valutazioni di carattere etico circa il rifiuto dei vaccini da parte dei professionisti interessati.

È stata, quindi, una battaglia per la legalità. Una buona battaglia; e una vittoria per tutti coloro che si sono esposti, che hanno incassato ostracismi ed intimidazioni, pur di difendere il loro diritto di non subire le conseguenze giudiziarie dell’indebita applicazione di disposizioni prive della necessaria forza di legge.

Un mio professore di Diritto, molti anni fa, in una memorabile lezione all’Università di Bologna, disse: «Non tutte le leggi sono giuste; ne esistono di sbagliate, di anacronistiche, discriminatorie. Ma la soluzione non è disapplicarle, bensì cambiarle». Di queste parole ho fatto tesoro e le considero il fondamento della mia etica, sia nella professione che nella vita, perché senza legalità non c’è giustizia e, soprattutto, non c’è limite agli abusi che possono essere commessi in nome di un principio.

Daria Scarciglia