La giustizia è una cosa seria

La sentenza del T.A.R. della Lombardia n. 109/2022 riapre la discussione sulla legittimità della sospensione dagli albi delle professioni sanitarie dei non vaccinati.

“La sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportino comunque il rischio di diffusione del contagio non può coincidere con la sospensione dall’iscrizione all’albo professionale, ancorché la vaccinazione sia stata elevata a requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”.

È quanto statuito con sentenza dal TAR della Lombardia (sent. n. 109/2022), in parziale accoglimento del ricorso di un odontoiatra libero professionista contro l’ATS, che aveva accertato la sua inadempienza all’obbligo vaccinale, e l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che lo aveva sospeso dall’albo all’esito dell’accertamento.

Sul punto, il TAR della Lombardia ha percorso la via dell’interpretazione del D.L. 44/2021 convertito con L. n. 76/2021, in conformità ai principi costituzionali e nel rispetto del diritto europeo.

Il collegio ha ritenuto che il legislatore possa stabilire requisiti essenziali e determinati per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e sia rispettato il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. In base a tale principio, è legittimo sancire che l’esercente una professione sanitaria non svolga mansioni che possano comportare rischi di contagio da SARS-CoV-2, ma non che venga sospeso dalla possibilità di svolgere tutte quelle prestazioni o mansioni, pur riconducibili alla sua professione, che non comportino contatti interpersonali e non creino un concreto rischio di contagio.

Si legge in sentenza che questa interpretazione dell’art. 4 L. 76/2021 è l’unica compatibile con le limitazioni dovute alla tutela primaria della salute pubblica e, al tempo stesso, con la salvaguardia del diritto del professionista sanitario a “ritrarre dal proprio lavoro un compenso che fornisca le risorse necessarie ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, in ossequio ai principi della nostra Costituzione. 

I giudici riconoscono in modo esplicito che nell’ambito delle professioni sanitarie esistono molteplici attività praticabili senza la necessità del contatto interpersonale, quali ad esempio l’attività di telemedicina, di consulenza, di formazione e di educazione sanitaria, nonché di consultazione a distanza; attività che vengono di fatto impedite al professionista sanitario per effetto della sospensione dall’albo che, in tal modo, viola il principio di proporzionalità e lede la tutela costituzionale del diritto al lavoro.

Queste stesse argomentazioni, sostenute da più parti nei mesi che hanno preceduto l’entrata in vigore del D.L. 172/2021 convertito con L. n. 3/2022, avevano trovato la più ferma opposizione da parte delle Federazioni nazionali delle professioni sanitarie che paventavano, anzi, procedimenti disciplinari a carico dei consigli direttivi degli Ordini che si rifiutavano di sospendere dall’albo gli iscritti non in regola con gli obblighi vaccinali.

Si impone quindi una riflessione, perché non si tratta più di stabilire chi abbia avuto ragione o torto, ma di prendere atto che, sulla questione delle sospensioni dei sanitari, in tanti hanno ostentato una competenza giuridica di cui erano del tutto sprovvisti.

La realtà per fortuna, ci restituisce l’evidenza che la violazione di un diritto soggettivo, presto o tardi, riceve la dovuta riparazione ed è verosimile aspettarsi che si apra una nuova stagione di ricorsi, perché chiunque si sia ritrovato ingiustamente sospeso dal proprio albo professionale sia giustamente risarcito.

Piero Clamandrei disse: “Gli avvocati non sono né giocolieri da circo né conferenzieri da salotto: la giustizia è una cosa seria.”

Daria Scarciglia – avvocato